1978: Primo Levi a Priocca parla di impegno civico

Primo Levi a Priocca parla di impegno civico

Tratto da Il Paese, febbraio 1978

MA COSA E’  VIOLENZA?
Gli ultimi episodi di violenza, che per fortuna nei nostri paesi giungono solo attraverso le pagine del giornale, hanno comunque portato anche fra noi la discussione su questi avvenimenti. Infatti, su invito della Regione Piemonte, in alcuni paesi della nostra zona si sono svolti in questi mesi dei Consigli Comunali “aperti”, in cui cioè la popolazione è stata espressamente invitata ad esprimere la sua opinione sul tema della violenza per cercare di capirne di più, tutti assieme, le cause (ai normali Consigli Comunali invece tutti possono partecipare, ma non prendere la parola).
Ma come spesso accade in queste occasioni la discussione è stata spesso superficiale, limitata ad alcuni grossi episodi di terrorismo nelle grandi città, quasi che la violenza si limitasse solo a questo aspetto. Insomma quasi essa fosse un fungo maligno, nato per caso, in cui noi non c’entriamo niente, e per il quale invocare magari la pena di morte, come se tale provvedimento fosse un magico toccasana risolutore di tutti i problemi (mentre invece è dimostrata statisticamente la sua inefficienza nei Paesi dove è stata introdotta). Noi vorremmo invece tentare di approfondire un po’ di più l’analisi di cosa sta succedendo, invitando tutti i nostri lettori di Magliano, Castagnito e Castellinaldo a scriverci le loro opinioni.

Lo scrittore Primo Levi in occasione di un recente dibattito a Priocca sulla violenza, dopo aver ribadito la sua condanna di ogni forma di violenza, ha affermato che ogni caso di corruzione, ogni Ministro coinvolto in qualche scandalo è, forse, costato almeno 10 attentati.

 

Cosa vuol dire tutto ciò?

Vuol dire che fra certe frange giovanili emarginate del nostro sistema produttivo, sta venendo meno la fiducia nel nostro sistema democratico, a causa dei quotidiani esempi di malcostume politico, amministrativo e fiscale, per cui si tende a vedere nella risposta violenta l’unica soluzione di tutte le ingiustizie. E facilmente riesce poi ad infiltrarsi in questi giovani “disperati” anche chi, dagli anni delle bombe di Piazza Fontana del ’69, con la strategia della tensione e degli attentati, sta tentando di arrestare il processo in atto di crescita culturale, civile e democratica degli italiani.

 

Cosa dobbiamo fare quindi?

 Dobbiamo, sì, condannare ogni violenza perché è contro gli interessi degli onesti cittadini che lavorano, ma dobbiamo anche chiedere a chi ci governa di eliminare l’”altra violenza”, che ha provocato il nascere di “questa violenza” che ci indigna tanto.

 

Ma quando si manifesta l’”altra violenza”?

Quando, in nome della democrazia, la maggior parte della gente viene tenuta all’oscuro di tutto senza possibilità di partecipare alle decisioni. Quando servendosi della propria posizione sociale si specula sulle spalle altrui e sulle aree fabbricabili, mentre aumentano coloro senza casa. Quando si definisce “civile” un sistema che emargina i giovani dal lavoro, che permette il dilagare della droga e della pornografia. Quando costringe i lavoratori a pagare le tasse fino all’ultima lira, consentendo ad altri di evadere fino all’ultima lira. Quando si sfruttano i lavoratori, premiando i ruffiani, discriminando chi non lo è, ed esportando all’estero i capitali ricavati dal lavoro altrui.
Ecco, in tutti questi casi (e in mille altri che non stiamo ad elencare perché non sarebbe sufficiente tutto questo giornale) è già in atto un meccanismo corrotto e violento che genera oppressione e crea i presupposti per risposte violente.
Vi è infine una versione di violenza più strisciante e nascosta, che passa attraverso certi modi di governare che impediscono alla gente di prendere coscienza dei propri problemi, della propria situazione di oppressione e delle cause che contribuiscono a mantenere questo stato di cose. Sovente chi sta al potere fa uso di questo tipo di violenza sotterrane che serve a piegare la gente ai propri interessi, facendo finta di servire gli interessi altrui. Esemplifichiamo: dapprima (magari sfruttando, corrompendo e non pagando le tasse) si sale di condizioni economiche, e quindi di stato sociale. Poi atteggiandosi a magnanimo elargitore di aiuti e di favori clientelari ci si crea consenso popolare e di conseguenza si raggiunge il potere.
Ed il potere, a sua volta, ricrea continuamente favorevoli condizioni per accrescere ancor più condizioni economiche e stato sociale. Il cerchio si è chiuso e il gioco è fatto. Anche questa è violenza.


0 QUESTO ARTICOLO E’ APPARSO SUL N. ZERO di “Roero Terra Ritrovata”

PUOI SFOGLIARLO ONLINE QUI.

 

 

Commenta questo articolo per primo!