L’oro verde del Roero

di Annalaura Pistarino

Franco Rota nel suo volume “Roero, flora spontanea e vegetazione” presenta la più completa sintesi sulla componente vegetale di questo settore del Cuneese; è il risultato della collaborazione fra l’Ecomuseo delle Rocche del Roero, il Museo Civico Craveri di Storia Naturale di Bra e l’Associazione artistico culturale del Roero Astisio, che hanno unito le forze per promuovere l’iniziativa e finanziare la pubblicazione dell’opera.

anemoni8_immagine_evidenzaIl volume, con le centinaia di foto a colori, la carta della copertura boschiva spontanea e gli allegati documentativi, costituisce un pregevole saggio che ben esprime la ricchezza della biodiversità del Roero, o meglio la diversità in termini di componente floristica, faunistica, litologica, pedologica, climatologica ed ecologica di un territorio che ha una propria e ben definita connotazione dal punto di vista storico e culturale.
Questa sintesi nasce da oltre trent’anni di osservazioni minuziose condotte su un territorio che merita attenzione per le profonde intersezioni che in esso si realizzano fra ambiente naturale e antropico, per le specie vegetali interessanti che localmente hanno potuto conservarsi o per quelle provenienti da altri continenti che si vanno stabilizzando.
L’autore si è avvicinato al Roero con l’occhio attento del botanico e del fotografo, alla ricerca sia di sguardi d’insieme che illustrino gli aspetti vegetazionali del settore, sia di dettagli di fiori o di frutti che invoglino non solo lo specialista, ma anche il dilettante ad accostarsi all’osservazione e alla ricerca. Le 350 immagini da lui realizzate offrono panoramiche dei vari ambienti riscontrabili, quali la pineta, il querceto, il bosco di castagno, con la sua gestione a ceduo o a fustaia, i coltivi a vigneto, le zone ripariali, le Rocche, soffermandosi su particolari di specie comuni come la Stellaria, la Portulaca, il Papavero o rare come la Ninfea gialla, il Trombone, il Cisto a foglie di salvia. Il lettore curioso e l’appassionato botanico vi trovano dettagli interessanti a cui forse non avevano mai prestato attenzione, come la presenza del Cappero sui muri del castello di Pocapaglia o del Finocchio marino su quello di Cisterna d’Asti.

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La profonda conoscenza di questo ambito territoriale e la documentazione raccolta negli anni consentono a Franco Rota di trattare di vitigni un tempo diffusi e conosciuti ma ora abbandonati quali la Passeretta, il Moscatellone, l’Erbaluce, di citare la Castagna autoctona precoce detta “Canalina” o “della Madonna”, di riferire tra le varietà di alberi da frutto il Pero Madernassa “che prende il nome da una piccola frazione di Vezza…”.
L’autore nel corso delle sue erborizzazioni ha fatto tesoro di studi precedenti, in particolare di quelli di fratel Giacinto Abbà che nel 1977 ha dato alle stampe il suo contributo sull’area alla sinistra del Tanaro, costituendo una base documentativa che Rota ha voluto continuamente verificare e aggiornare. In tal senso le ricerche assai minuziose non hanno permesso di riconfermare alcune specie come Gentiana pneumonanthe L. o Typha minima Hoppe, documentate per il Roero nella seconda metà dell’Ottocento nelle collezioni del Museo Craveri di Bra; grazie al lavoro di Rota molte altre entità si sono aggiunte a quelle già censite e le ricerche future ne apporteranno ancora di nuove.
Ampio spazio è dato nel testo a specie che un tempo formavano popolamenti assai estesi, come il Pino silvestre, ora solo sulla sommità delle Rocche, o come il Cerro, la cui antica diffusione è testimoniata da toponimi ancora oggi presenti, come ad esempio Cerreto a Castellinaldo e Cerretta a Sommariva Perno.
Sono numerose le entità rare in questo settore geografico: la Ginestra odorosa alle Rocche di Guarene, il Fico d’India a Monteu Roero, il Fior di loto nella Peschiera Gallina di Ceresole d’Alba, entità quest’ultima che, importata sul finire dell’Ottocento, ha trovato in questo invaso ambiente favorevole, colonizzandolo interamente. Nel volume sono ben evidenziate le variazioni apportate nel corso degli anni alla componente floristica per effetto dell’intervento umano: è un esempio l’eliminazione, a fini di pulitura dei muri in mattoni dei castelli, di specie interessanti come il Cappero, ormai assai ridotto, e la successiva ricolonizzazione naturale a opera di specie viceversa di basso pregio.

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L’autore inoltre pone l’accento su alcuni ambienti particolarmente significativi quali quelli igrofili: in particolare, peculiarità della zona sono le peschiere, bacini utilizzati da secoli come riserva d’acqua e per l’allevamento ittico, soprattutto della tinca. Questi specchi d’acqua di dimensioni variabili ospitano specie assai interessanti e anche rare, come la Castagna d’acqua (Trapa natans L.), l’Erba pesce (Salvinia natans (L.) All.) e il Trifoglio di lago (Marsilea quadrifolia L.) che, considerate fra le specie meritevoli di protezione nelle “liste rosse” nazionali o nella “Direttiva habitat” a livello europeo, sono qui costituite da popolamenti di dimensioni notevoli se non addirittura infestanti.
Le indagini hanno consentito a Rota di evidenziare specie interessanti, da proteggere in quanto rare come Allium neapolitanum Cyr. e Dianthus deltoides L., o oggetto di raccolta come le Orchidacee Epipactis palustris (Miller) Crantz e Ophrys apifera Huds. oppure entità la cui presenza nel Roero è la testimonianza di un areale assai più vasto in periodi a condizioni climatiche ben differenti come il Mirtillo nero, ampiamente diffuso nei settori alpini.
Franco Rota invita il lettore anche a focalizzare l’attenzione sugli organismi “senza fiore”, quali epatiche e muschi, felci, funghi e licheni che – forse poco vistosi – hanno tuttavia tanta importanza nei diversi ecosistemi. Analogamente egli effettua un interessante excursus fra gli usi delle piante nell’alimentazione, nella cura della persona e degli animali o come ornamento.

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Inoltre, l’esperienza maturata in escursioni sul territorio consente all’autore di esporre dati oggettivi sull’espansione della componente vegetale esotica che, diffusa dall’uomo accidentalmente o a partire da colture, sta sempre più intrecciando la propria presenza con quella della flora locale. Sono esemplificative in tal senso la Robinia, considerata ormai da occhio inesperto parte del paesaggio naturale, la Fragola matta di origine asiatica, nonché le osservazioni a proposito del Cencio molle (Abutilon theophrasti Med.): «…rinvenuto da Abbà (1977) esclusivamente nei pressi di Cisterna d’Asti, si è nel frattempo enormemente diffuso e costituisce ora una invadentissima infestante delle colture». Altrettanto interessanti sono le considerazioni sulla rapida colonizzazione del territorio del Roero da parte dell’Ailanto, del Tirso d’oro (Solidago gigantea Aiton) o dell’altamente invasivo Sicyos angulatus L.
Il volume infine è arricchito da un repertorio nomenclaturale che associa al binomio latino non solo il nome italiano, ma anche quello piemontese, e in particolare sono evidenziati quei nomi il cui uso è accertato nel Roero.
Complessivamente dall’esame dell’autore risulta che la ricchezza floristica del Roero è notevole: sono infatti oltre 1.100 le specie elencate, corrispondenti a un terzo della flora dell’intero Piemonte, un dato assai significativo per un settore di dimensioni piuttosto ridotte. Il volume appena dato alle stampe non solo costituisce una preziosa sintesi di dati rilevati in oltre un trentennio di ricerche costanti e puntuali, ma il monitoraggio effettuato sul territorio evidenzia anche minimi cambiamenti dai quali risulta una flora “dinamica” del Roero.

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