Sant’Antonino rivive a Baldissero d’Alba

Sant’Antonino rivive a Baldissero d’Alba

di Umberto Soletti

 

Quando – molti anni fa – alcuni amici che conoscevano la frequenza con cui mi inoltravo lungo i sentieri del territorio baldisserese (strade vicinali e interpoderali o semplici tratturi) mi chiesero se avevo notato i ruderi della cappella di Sant’Antonino, pensai che volessero prendermi in giro e risposi che nell’area che conservava questo nome non c’era nulla da osservare. Fu così che alcuni di essi mi accompagnarono per mostrarmi il sito. Ci introducemmo in un boschetto piuttosto folto, al centro del quale sorgevano i resti di quella che era stata anticamente la prima parrocchiale del paese, e che la boscaglia nascondeva ormai completamente alla vista. Passarono gli anni, ma il ricordo di questa testimonianza storico-monumentale (una delle poche vestigia dell’architettura religiosa romanica del Roero) non venne mai meno, cosicché, quando le circostanze mi portarono a operare come sindaco del paese, ritenni fosse giunto il momento di provvedere.

In seno alla “Pro Baldissero” venne creato un “Comitato per Sant’Antonino” che aveva lo scopo di gestire, coordinare e organizzare la fase preliminare dell’iniziativa (installazione del cantiere di lavoro e definizione progettuale dell’intervento); lo studio venne affidato all’architetto albese Mauro Rabino, mentre alla direzione lavori provvide il geom. Mario Frea.

Un gruppo di volontari aveva già provveduto a “disboscare” il sito, ripetendo periodicamente l’intervento e liberando dalla vegetazione i ruderi e l’area circostante, destinata ad accogliere il cantiere. Con l’Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero (il sito era proprietà parrocchiale), l’Amministrazione Comunale stipulò un contratto di comodato d’uso, mentre alla Sovrintendenza Regionale per i Beni Ambientali e Architettonici era stata inviata la richiesta relazione tecnica predisposta dal progettista, per ottenerne il consenso.

I lavori, affidati nell’ultima decade del settembre 1994 ai capimastri albesi Lorenzo Giubellino e Claudio Peirano – piccola impresa specializzata in questo tipo d’intervento – terminarono all’inizio di novembre dello stesso anno. L’anno successivo si provvide a sistemare e recintare il sito, collocandovi una cancellata.

Un ultimo cenno può essere fatto al costo dell’intervento (circa 36 milioni di lire) e al reperimento dei fondi necessari. Assai positivo fu l’esito di una sottoscrizione tra gli abitanti, che acquistando una raffinata acquaforte realizzata dall’artista-incisore Xavier De Maistre, contribuirono con oltre 8 milioni di lire; enti diversi concorsero con oltre 20 milioni e la rimanente cifra fu coperta con fondi comunali.

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L’antica cappella campestre di Sant’Antonino a Baldissero, prima dell’intervento di restauro. Si trova a circa 1 km dall’abitato, in una zona boschiva piacevole da raggiungere con una breve passeggiata dal paese. (Archivio fam. Soletti)


Cenni storici

Il parroco di Baldissero Giuseppe Pantaleone Marchisio, cortemiliese, che nel lontano 1837 stilò un’accurata relazione sullo stato degli edifici di culto della parrocchia a lui affidata, scrive: “… vicino alla strada che tende a Canale e distante un mezzo miglio dall’abitato vi è la cappella eretta ab immemorabili sotto il titolo di Sant’Antonino martire e Maria Maddalena penitente, in onore dei quali si canta annualmente la messa nel giorno della ricorrenza dell’ufficio, e queste sono le sole funzioni che si fanno in questa piccola cappella. L’icona, rappresentante i santi titolari suddetti, è bisognevole di riparazione …”.

Ma gli accenni alla cappella risalgono a epoche assai più remote e sempre presente, in essi, vi è la consapevolezza – dovuta a memoria tramandata – che si tratti di un edificio di origini assai antiche.

Tra il 1596 e il 1622 i conti esattoriali della comunità registrano ripetute spese sostenute per riparazioni e manutenzioni effettuate nella cappella: rifacimento della copertura, sistemazione dell’altare, costruzione della porta…

Assai significative sono, in particolare, le accurate relazioni che descrivono le visite pastorali compiute periodicamente dai vescovi nelle diocesi di loro pertinenza. A partire dal 1511 Baldissero, insieme a Ternavasio, Valfenera e Isolabella, staccatasi dalla diocesi di Asti confluì in quella di Saluzzo, costituita appunto in tale data. Nel caso di Baldissero, la più antica visita pastorale compiuta da un vescovo saluzzese (Mons. Antonio Pichot) è datata 1596. A proposito di Sant’Antonino si usa ancora chiaramente la dizione parochialis ecclesia, pur essendo già da tempo edificata, nel recinto della villa, la chiesa di Santa Caterina. Di Sant’Antonino si dice, tra l’altro, che possiede un “…chorum in capite rotundum fornicatum et depictum antiqua pictura …”. Questa indicazione, molto precisa, ci porta a ricostruire – insieme ad altri accenni contenuti in relazioni successive – l’aspetto che la chiesa aveva anticamente: il solo coro absidale in muratura, dotato di tetto, a protezione dell’altare e del celebrante; sulla parete del coro, un dipinto raffigurante i santi Antonino e Maria Maddalena; per i fedeli, una tettoia lignea a capriate, chiusa frontalmente da un cancelletto. Le modestissime risorse del tempo e la rarità di materiali lapidei nella zona, non consentivano edifici più ricchi e maestosi. Il cimitero che la circonda, antico, senza cinta, non viene – nell’anno della visita – più usato per le sepolture.

L’attestazione più significativa della sua antichità viene da un accenno fattomi in quel tempo dal proprietario del castello, Antonio Testa, sui resti di una pittura absidale di quella che fu la cappella interna del castello. Una delle figure di cui si componeva era relativa a Sant’Antonino che, sul palmo della mano, teneva l’antica chiesa parrocchiale a lui dedicata. Dalla presenza di una iscrizione in caratteri gotici si potrebbe pensare aduna pittura della fine del Cinquecento.

D’altra parte, i pochi ma significativi elementi che si possono riconoscere nell’edificio – la teoria degli archetti pensili che con le lesene sottolineano all’esterno il culmine absidale, le piccole finestre strettamente strombate – indicano chiaramente nell’abside di Sant’Antonino una delle poche sopravvivenze di architettura religiosa romanica del Roero.

Quando l’antico abitato di Baldissero, a struttura di derivazione curtense, era adagiato tra i dolci rilievi della “Sala” (toponimo chiaramente rivelatore al riguardo), la piccola parrocchiale di Sant’Antonino la sovrastava in posizione elevata. Con ogni probabilità, immediatamente dopo l’anno Mille.

Le origini dell’edificio di culto – stando alle caratteristiche dei resti – si collocano, secondo studiosi quali G. Arbocco e B. Molino, tra l’VIII e il XII secolo (“periodo maturo delle costruzioni romaniche”, secondo l’Arbocco). Alla fine dell’VIII secolo risale l’insediamento dei Franchi nell’area del territorio baldisserese che presenta – nella toponomastica – chiare tracce di preesistente presenza longobarda (la “sala” era la casa tributaria alla quale confluivano le quote fiscali dei prodotti della terra). L’origine franca della stessa dedicazione a Sant’Antonino pare, secondo Molino, più che probabile. Sant’Antonino di Apamea, martire vissuto in Siria nel IV secolo, vide il suo culto diffondersi nel sud della Francia, ove erano state portate le sue reliquie. La stessa devozione a Maria Maddalena era assai diffusa nella vicina Provenza.

I dettagli dei lavori di recupero

L’intervento ha contemperato l’esigenza di salvaguardia del bene con il consolidamento di parti che minacciavano un ulteriore, irrevocabile deterioramento. La linea metodologica adottata è stata di privilegiare opere di mantenimento dello stato esistente, rinunciando a ricostruire un’immagine ormai molto improbabile. Si escluse la ricomposizione del manto di ricopertura in coppi, di cui non v’era più traccia, impermeabilizzando tramite malte pozzolane. Sono stati pazientemente recuperati i laterizi dispersi sul terreno, studiandone la possibile provenienza in vista di una loro ricollocazione. Nel recupero-conservazione delle murature in laterizio si è evitata l’adozione di tecniche che potessero creare discontinuità nell’ordito delle preesistenze archeologiche delle murature stesse. Tutti i lavori di demolizione e perforazione sono stati eseguiti a mano per evitare vibrazioni dannose per la stabilità delle strutture.

In estrema sintesi, i primi interventi furono compiuti per consolidare le fondazioni dell’abside, in parte scoperte a causa del ribassamento del piano di campagna. Successivamente si è operato per il consolidamento della volta dell’abside. Particolare cura è stata dedicata alla rimozione del terriccio e della vegetazione accumulati sopra la volta, all’eliminazione di parti del cornicione, della calce e dei ciotoli di fiume sovrastanti la volta stessa, alla posa di una rete di acciaio ancorata alla volta e alla realizzazione di una cappa protettiva di calce idraulica, alla ricomposizione del cornicione previamente rimosso, con integrazione delle parti mancanti. Particolare importanza hanno rivestito sia il consolidamento dell’arco trionfale, il cui stato giustificava non poche preoccupazioni circa il ripristino del suo equilibrio di spinta, sia il restauro dei paramenti murari tanto in termini di riconquistata solidità quanto di coerenza estetico-cromatica percepibile alla vista dell’osservatore.

A Baldissero d’Alba è stato così recuperata, con impegno e passione, l’unica testimonianza esistente del suo più antico passato.

 

 

QUESTO ARTICOLO E’ APPARSO SUL N. UNO di “Roero Terra Ritrovata”
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